Le attività artigianali tradizionali della Cabilia erano in passato molto numerose. Sono caratteristici della regione i prodotti di cuoio e di lana, l'argenteria,
in passato anche la polvere da sparo e le armi (Ait-Yenni), i tappeti (Ait-Hichem) e le ceramiche (Ouadhia). Un tempo questi prodotti
venivano venduti nella "terra degli arabi" ed in cambio venivano "importati" grano, cereali, lana ed animali domestici e da lavoro.
Nella lavorazione dei gioielli d’argento sono coinvolti per lo più gli uomini, ma con una significativa presenza femminile, poiché
tradizionalmente il lavoro dell'argento impiega la famiglia intera.
La lavorazione dell'argento, della terracotta e la tessitura dei tappeti sono quasi le uniche sopravvissute.
Il settore della trasformazione dell’argento, in particolare, ha conosciuto un periodo di declino con la crisi
economica e della pubblica sicurezza che l’Algeria ha attraversato negli ultimi venti anni.
La storia del gioiello berbero risale fino alla preistoria. Bellezza, forme e simboli sono il risultato dei contatti molteplici tra
i Berberi e le culture che nei secoli hanno avuto relazioni con loro. Ne scaturisce una gran varietà di tecniche e lavorazioni:
la granulazione e i disegni cesellati d’impronta romana, frontoni triangolari dei Greci, smalti bizantini, anelli e pendenti di
stampo arabo, smalti cloisonnè e filigrane provenienti dall’arte moresca ed ebraica.
La gioielleria d’argento si ritrova in tutto il Maghreb berbero: Hoggar, Cabilia, Aurès, Djerba, Tiznit… Ogni regione del Maghreb ha il
suo stile e il suo tratto che permettono di riconoscere l’appartenenza etnica di chi indossa i gioielli.
La produzione si distingue in due tradizioni: urbana e rurale.
I primi sono principalmente arabi con influenze ebraiche e sono prodotti in oro e argento dorato.
I gioielli rurali sono soprattutto quelli berberi e sono prevalentemente in argento con filigrane che delineano smalti blu, verde
e giallo ornati da castoni di corallo.
Il gioiello càbilo è quello che si è più evoluto grazie a un arricchimento tecnico progressivo che ha incluso via via diverse forme e tecniche,
come quella della compartimentazione della smaltatura. Il gioiello di questa regione è caratterizzato dalla presenza di smalti di diversi colori
che formano un contrasto attraente con il rosso vivo del cabochon di corallo incastonato.
Componendo con fili d’argento i motivi più vari e assemblandoli per combinazioni, sia fra loro sia su un’apposita lastra d’argento, l’artigiano
mira ad ottenere gli effetti maggiormente estetici, passando dalla semplicità della forma base alla maturità dello stile del gioiello composito.
Il passaggio dalla materia grezza all’opera finita richiede numerose operazioni che richiedono a loro volta la padronanza di gesti tecnici ben
precisi con fiamma, aria, acqua, tecnica del fuoco, del colpo d’attacco, della combinazione, della smaltatura, dell’incastonatura, ecc. Ed è
così che i gesti ripetuti mille volte e le figure geometriche rappresentate hanno creato un’unità stilistica càbila che non riproduce mai dei
modelli stereotipati.
L’argento è il solo metallo prezioso utilizzato dagli orefici càbili. La preferenza per l’argento risponde sia al gusto che ai costumi rurali
comuni a tutti i paesi del Maghreb.
“E’ ben poca cosa la forma e la decorazione di un gioiello
se non si trova la connessione con l’origine simbolica”
Jean Besancenot,
etnologo francese.
I significati racchiusi nei materiali, nelle lavorazioni, nei colori, nei segni, sono profondamente complessi e variegati.
La perizia e la tecnica lavorativa di popolazioni ed artigiani diventano una carta d’identità, il marchio del clan, della condizione sociale
della donna e della famiglia, nonché un’indispensabile protezione contro le influenze maligne.
Il corallo si caratterizza per l’universalità del suo linguaggio e viene adoperato in tutte le principali religioni del mondo, buddismo, induismo,
ebraismo, islamismo, cristianesimo, sia come talismano che come amuleto.
I talismani potenziano le qualità e le forze del portatore, gli amuleti difendono dalle malattie e dalle influenze negative. In Marocco ed Algeria,
dove si fondono credenze animiste e Islam, essi sono innumerevoli, per forma e materiali, qualcuno è inserito nei monili o è esso stesso un gioiello.
Diffusi sono portafortuna che contengono il baraka, un influsso positivo che proviene dalla benedizione divina dei santi e dei Sufi, e proteggono
dai jinn, spiriti invisibili, che abitano luoghi oscuri e segreti.
Per evitare l’azione negativa del malocchio gli artigiani orafi del Maghreb utilizzano simboli scaramantici legati a
numeri, figure geometriche e formule: i numeri 3,5,7,9, che si crede abbiano poteri magici, versi e invocazioni del Corano, riproduzioni
di animali o parti di esso, come salamandre, lucertole, tartarughe, la mano di Fatima.
Per tenere lontani gli spiriti maligni i gioielli
etnici di Marocco ed Algeria impiegano tutti i sensi: il rosso sanguigno del corallo, simbolo di calore e forza, pendenti tintinnanti per
spaventare i geni malvagi, essenze profumate come l’ambra grigia per rafforzare l’efficacia dei poteri protettivi.